martedì 7 febbraio 2012

Nessuno è solo

Con i piedi ciondoloni Serena guardó giù. Quello stupido fiocco delle sue ballerine si stagliava in modo grottesco sulla desolazione dei binari arrugginiti.
"Che spreco, una giornata così bella" pensò con malinconia mentre il filo della tensione ronzava sotto di lei. 
Silenzio nell'aria e nell'animo. 
Sapeva che i suoi genitori non avrebbero mai perdonato una tale stupidaggine, ma per la prima volta nella sua vita voleva decidere da sola. 
Stupidaggine... Le sembrava di sentire sentenziare sua madre, col tono di onniscienza tipico di chi parla dal lato del giusto. 
Lei aveva sempre ragione. 
Lei aveva il Signore dalla sua, e questo la rendeva infallibile. Giudice rigido e spietato della vita altrui, non avendo forse materiale per vivere la sua...
Ma si, doveva essere così poveretta. Sposata con quell'uomo tanto taciturno e tanto onesto, scelto con il "buon senso" perché così timorato e dedito alla famiglia. Ma l'amore? La passione? 
Con la passione non si costruisce una famiglia stabile e onesta,
diceva sempre con il suo tono spento. 
Onesto, onesto! Sembrava che tutto si basasse solo sull'onestà. 
Serena sorrise con mezza bocca, acida. Come se ci fosse solo quello nella vita.  Lei l'aveva conosciuta, la passione, e si era sentita viva e felice. 
Lui le aveva sciolto la coda di cavallo con cui legava sempre quegli insipidi capelli neri e le aveva detto che era bellissima. 
Si era sentita grande, come le sue compagne che avevano sempre nuovi racconti da bisbigliarsi ogni lunedì mattina in classe, e si era abbandonata a quella nuova sensazione. 
Con la fiducia cieca di un cucciolo aveva bevuto ogni frase di lui come se fosse acqua di sorgente, e dopo averlo seguito senza indugio nella nuova strada in cui la stava portando si era fermata a sognare: lui la amava e l'avrebbe senz'altro sposata, non poteva essere altrimenti con tutto quello che le aveva detto. 
Sua madre avrebbe finalmente capito che cosa è il vero amore e avrebbe abbassato la testa di fronte a ciò, richiudendosi in un umile silenzio. 
Una lacrima scivoló fino alla sciarpa rosa, e si impigliò nelle sue fitte maglie create ad arte dall'esperto uncinetto di sua madre. 
Curiosamente un'ombra oscurò il giorno. 
Serena alzò lo sguardo sul cielo luminoso che precede il tramonto e li vide. 
Erano centinaia, migliaia, e danzavano maestosamente snodandosi nelle forme più strane. Un gruppo si allontanava formando una sfera autonoma, poi in un istante non potevi più distinguerlo dagli altri a cui si era riunito, formando una cosa sola, un unico corpo. 
Serena li guardava rapita dall'incanto. Come li aveva chiamati il suo professore? Storni, ecco, nell'ultima danza del saluto, pronti a partire. 
"Parto anch'io" pensó ironica, tornando a guardare i binari. 
Un altro stormo, ecco si staccano dal gruppo, corrono verso il basso accelerando, poi rimbalzano in su, come urtando contro un invisibile pavimento. E poi svaniscono, mescolati agli altri. 
Era svanito anche lui lasciandole un pesante fardello che si nutriva di lei, inconfessato e doloroso, lasciandola sgomenta e terrorizzata. Non avrebbe mai potuto raccontare ai suoi, non avrebbero mai capito nè  perdonato.  
Un cordone, una freccia che scivola nel blu. Aspetta, quello sembra un cuore! Forse è un segnale, forse vogliono dirmi qualcosa, forse parlano proprio a me. Nessuno è solo sembrano dire, si può volare, si può scappare, ma poi si torna uniti in un gioco senza fine. 
"Non solo sola" mormorò, e per la prima volta si guardò il ventre con tenerezza. 
"Non posso farlo, che pazzia!" e fu come un'illuminazione. 
Serena guardò ancora quello spettacolo inatteso che lentamente danzava in cielo e sorrise di gratitudine. 

Gli storni sembrarono concentrarsi in un volo folle verso di lei; poi spinti come da un comando misterioso cambiarono direzione all'unisono, volando silenziosi verso nuovi paesi.

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