venerdì 3 febbraio 2012

I giorni della merla


Non era una merla come tante quella di cui parleremo oggi.
Era infatti una giovane e pasciuta merla bianca, come tante a guardarla dal di fuori, ma vispa e intelligente come poche.
Era completamente bianca, perché tanto tempo fa i merli erano candidi proprio come neve.
Ma anche Gennaio non era un mese come gli altri: era burbero e vendicativo, e nei suoi ventotto giorni si divertiva a gelare i paesi del nord per il semplice gusto di guardare persone e animali in difficoltà.
Come se la rideva ad ogni scivolone di una vecchietta sul ghiaccio, e quando una massa di neve gelata si staccava da un ramo e cadeva sulla testa di chicchessia, era per lui uno spasso inenarrabile.
A dispetto della sua grande ferocia, per lo meno era un mese breve, e ci si consolava pensando che Febbraio sarebbe stato più clemente, portando con sé le prime gemme.

Un anno come tutti gli altri, di cui ormai si è persa memoria, la nostra astuta merla aveva deposto delle uova, e dopo una piacevole covata i piccoli nacquero proprio la sera di Natale.
Ma subito l’ombra di Gennaio affiorò alla sua mente, e la giovane mamma pensò ad una soluzione per proteggere i pulcini dal freddo e dalla carestia. Sapeva per istinto che non sarebbero sopravvissuti a tanti giorni di freddo, e se lei fosse rimasta accanto a loro per riscaldarli non sarebbero sopravvissuti alla fame.
Aveva ancora una settimana prima che arrivasse il mese più freddo dell’anno, e con buona lena si mise d’impegno a cercare quante più provviste possibili per poter trascorrere l’intero mese nel suo nido, con i piccoli.
E arrivò Gennaio anche quell’anno, carico di energia e furia devastatrice.
Mandò piogge e forti grandinate, soffiò bufere e creò terribili mareggiate, tempeste e fulmini squarciavano i cieli, e dopo aver vessato il mondo per diversi giorni, coprì tutto con un fitto manto di neve che fece ghiacciare subito dopo, ridendo e spassandosela in quantità.
Mentre fuori il finimondo impazzava, la merla aspettava paziente nel suo nido; i piccoli crescevano e diventavano più forti, e il cibo raccolto li sfamava tutti senza dover essere parsimoniosi.
Finché finalmente quei terribili ventotto giorni passarono, e Gennaio era arrivato proprio agli sgoccioli.
Febbraio dapprima sarebbe stato rigido, ma poi avrebbe concesso un po’ di tregua, regalando qualche bella giornata per rinfrancare gli umori e permettere agli animali di cercare nuovo cibo.
La merla aveva superato il mese più freddo dell’anno senza problemi per sé e per alcuno dei suoi piccoli, e si sentiva orgogliosa e intelligentissima. Ma una vittoria che vittoria è, se non si può sbeffeggiare il proprio nemico?
Cosi uscì dal nido, la merla imprudente, e chiamò a gran voce con tono esultante: “Gennaio, o stolto e infido mese, vieni da me e fatti vedere prima di scomparire!”
Gennaio sgranò gli occhi e si precipitò a vedere chi mai avesse parlato: chi osava dargli dello stolto? Chi si permetteva di apostrofarlo il tale maniera?
Tuonò minaccioso, ma la piccola merla era appollaiata su un ramo spoglio, e rideva di lui confondendosi fra la neve.
“Caro Gennaio, quest’anno non me l’hai fatta! Nemmeno una goccia di pioggia ha bagnato queste piume, e neanche un fiocco di neve ha raffreddato queste zampe!”
Gennaio era furente, tuonò e rimbombò ancora… ma era ormai tempo di passare le consegne a Febbraio.
“Febbraio, collega, amico mio” disse con il tono più cortese che gli riuscì. “Ho ricevuto un insulto intollerabile questa mattina, e sono qui a implorarti di aiutarmi a vendicarlo”
Febbraio, stupito dalla disperazione nel tono del suo crudele collega, fu pronto e disponibile ad aiutarlo come l’amico desiderava.
“Ti chiedo tre giorni, tre giorni soli caro amico, così da vendicare l’offesa subita. Che il mondo si ricordi per sempre quanto è terribile l’ira di Gennaio”
Febbraio ne aveva trentuno di giorni, e acconsentì a regalargliene tre.
E così Gennaio tornò dalla giovane e impudente merla, che stava ancora sorridendo, e si avvicinò rotolando minaccioso, pieno di fulmini e saette.
Il sorriso le morì subito dal becco non appena il primo lampo colpì il ramo su cui era posata, e per non finire fulminata fu costretta a scappare più veloce che poté, stando ben attenta a non avvicinarsi al nido per non mettere a repentaglio la vita dei suoi pulcini.
Gennaio era furente, e usò ogni sua conoscenza per aprire le cataratte del cielo e far scendere sulla terra ogni possibile flagello meteorologico.
Gettò neve a manciate, grandine per compattare la neve, vento per spazzare via ogni cosa e fulmini per terrorizzare.
Il freddo era tale che ogni goccia d’acqua si congelò, e i pesci restarono imprigionati nei loro laghi senza potersi muovere, e ovunque echeggiavano pianti e lamenti.
Ma Gennaio non era ancora soddisfatto.
La sua vittima infelice era ballonzolata a destra e a sinistra, e quando provava a scappare, una folata di vento la riportava indietro. Tremava di freddo e di paura la poverina, le ali erano ormai così indolenzite da non reggersi più in volo, e rimpiangeva la sua sfacciataggine e la sicurezza del suo nido.
Ma, sbattuta un po’ ovunque come una trottola impazzita, si accorse di essere finita sul tetto di una casetta, e dal comignolo usciva timido un bel fumo caldo.
In un istante si infilò nel comignolo, e disperata si fermò ad aspettare che la furia cessasse.
Passò ancora un giorno, e poi ancora un altro, ma Gennaio non si placava: l’astuta merla era al sicuro ormai, e gliel’aveva fatta ancora. Non c’erano più giorni per vessarla ulteriormente, e la sconfitta gli bruciava come un carbone ardente.
Così arrivò Febbraio, e la giovane merla uscì guardinga dal suo rifugio d’emergenza.
Era tutta intera, e volò rapida al suo nido per abbracciare i suoi pulcini. Ma dall’alto del cielo, proprio mentre se ne stava andando, Gennaio vedendola scoppiò in una grossa risata: la merla, sporca di fuliggine, era diventata scura come la notte, e anche i suoi pulcini, dopo il suo abbraccio, si tinsero di fumo. E così restarono, per sempre, per un incantesimo voluto da quel mese iroso.

Che questo accadde veramente, tanti tanti anni or sono, ce lo assicura la leggenda.
È proprio da allora che i merli sono diventati neri, come vendetta di Gennaio alla provocazione di una di loro.
E nonostante da allora esso duri trentun giorni, non è mai più riuscito a piegare la giovane ed astuta merla, nemmeno nei suoi ultimi, terribili tre giorni, che da allora prendono il nome de “i giorni della merla”.

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