mercoledì 1 febbraio 2012

La minestra di Sabrina

Come ogni sera Sabrina tornò a casa carica di buon cibo. Non era permesso portare gli avanzi fuori dal ristorante, ma essendo l’addetta allo smaltimento dei rifiuti aveva la possibilità di mettere da parte le pietanze che preferiva, avanzate e mai servite ai clienti, e tornava a prenderle solo dopo la chiusura, con comodo.
Nel vicolo cieco sul retro del locale prelevava la busta che aveva conservato e la nascondeva nel suo enorme zaino.
Poi inforcava il motorino e via, filava verso casa in una città addormentata e quieta.
“Oggi la nonna farà festa”, pensò elencando mentalmente le pietanze che era riuscita a portare via: zuppa di porri aromatizzata al cacao, trota affumicata su un letto di patate in salsa di vaniglia, riso freddo ai tre colori e crostate in quantità. I dolci venivano buttati  ogni martedì, quando ormai un sentore di vecchio iniziava a sentirsi prepotentemente, ma per Sabrina e sua nonna erano fantastici ugualmente, e facevano luculliane colazioni con crostate di amarene ricoperte di croccante alle mandorle, piccole sfoglie croccanti ai pistacchi e miele, e vari altri dolci che variavano di volta in volta in base alla stagione.
Sabrina arrivò a casa in un baleno, e salì di corsa le due rampe di scale del suo appartamentino. “Nonna, sono a casa!” esclamò spalancando la porta, ma la casa era stranamente buia e silenziosa. “Nonna?” ripetè Sabrina con tono allarmato: si preoccupava immediatamente per la salute di quella canuta vecchina, e il non ricevere risposta la gettò nel panico.
La nonna era tutta la sua famiglia, da quando aveva litigato con i suoi genitori ed era uscita di casa sbattendo la porta. Lei l’aveva accolta senza riserve e da allora vivevano in una sintonia perfetta, dando e ricevendo amore come mai nella loro vita.
Sabrina gettò lo zaino per terra e corse in camera della nonna, dove la trovò semplicemente profondamente addormentata.
Era una cosa molto strana: la nonna era sempre in poltrona ad aspettarla quando tornava dal ristorante, sulle gambe la sua storica coperta che aveva cucito da ragazza all’uncinetto. Soffriva d’insonnia per via dell’età avanzata, e non le pesava affatto aspettare il rientro della nipote per scambiare quattro chiacchiere davanti ad una tazza di camomilla fumante.
Ma quella sera era a letto, e russava in modo sospetto, persa in un sonno profondo.
Sabrina pensò subito al peggio. Forse si era sentita male quando lei era via? Forse era malata e non le aveva detto niente? Agitata da tali pensieri si infilò silenziosa nel letto imponente della nonna, dove troneggiava un enorme baldacchino. Così l’avrebbe tenuta sott’occhio.
L’indomani mattina la nonna era allegra come ogni settimana di fronte alle crostate, ma mostrava un colorito leggermente grigiastro.

Le cose peggiorarono rapidamente nei giorni successivi, e il dottore impose una dieta liquida e tanto riposo. Sabrina viveva i giorni più angosciosi della sua breve esistenza, e non aveva pensieri che per la nonna.
Era distratta anche sul lavoro, e stava ricevendo diversi richiami dallo chef esasperato, pur non avendo mansioni cruciali per la cucina del ristorante.
Ma quella sera qualcosa di assolutamente inaspettato accadde. 
Stava pensando alla sua amata vecchietta, dimagrita così tanto nelle ultime settimane, e assente alle sue azioni cambiò mano mentre mescolava la zuppa. Questo gesto le fece invertire anche il senso di rotazione della minestra, che doveva essere rigorosamente orario, e la cosa fece inorridire lo chef, mandandolo su tutte le furie.
“Questa zuppa è inservibile” sbottò, e la strattonò in malo modo lontano dai fuochi.
Sabrina si ritrovò sola nel vicolo cieco sul retro del locale, abbracciata ad una tiepida pentola piena di zuppa.
Doveva buttarla, ma con quella la nonna avrebbe avuto di che mangiar bene per giorni… la stravaganza dello chef era arrivata ad un livello eccessivo, pensò, e così decise di trafugare quel ben di dio e portarlo a casa.
Nessuno avrebbe notato la sua assenza, e si allontanò.

La nonna era sprofondata nel suo immenso letto e sonnecchiava. Da diversi giorni non faceva che dormire, ma la sua condizione di salute non migliorava nonostante il riposo.
Sabrina pose il pentolone sul fuoco e riprese a mescolare. L’aveva fatto per così tante minestre che sapeva perfettamente cosa fare.
Piangeva in silenzio, e le lacrime le rigavano le guance arrossate dal freddo.
Piangeva e mescolava, e il braccio sinistro continuava a girare la zuppa nel suo verso naturale, quello antiorario.
Il cuore le sembrava esplodere per il dolore, la rabbia, e la frustrazione, e più mescolava più questi sentimenti aumentavano, e montavano, e crescevano.
La zuppa ormai bolliva vigorosamente, e Sabrina era completamente dominata dalle emozioni.
Spense il fuoco al momento opportuno, e le bolle di cottura diminuirono, poi si fecero piccole, fino a scomparire del tutto.
Sabrina si sentì svuotata, e una profonda pace interiore albergava in lei.
La nonna, riprendendosi dal torpore, si sedette a tavola portando due piatti del servizio buono.
La minestra fumava nei piatti, ma Sabrina non aveva fame, e guardò la nonna mangiare. Dopo la prima cucchiaiata le si accese un sorriso di soddisfazione negli occhi “Finalmente una minestra come si deve”, esclamò allegra, e ne seguirono altre, e altre ancora, e ancora.
La nonna mangiava come non aveva mai fatto, sembrava rapita da quella minestra speciale, e man mano che mangiava sembrava stare sempre un po’ meglio.
“Sarà una mia impressione” si disse Sabrina alzandosi per servirgliene un secondo piatto.
Mangiava la nonna, e la mano non le tremava più. Mangiava, e si scostò la coperta dalle gambe perché aveva smesso di sentir freddo. Mangiava ancora, senza sosta, e tra una cucchiaiata e l’altra anche le rughe si appianavano e il volto le tornava disteso e lucido.
Alla fine del quarto piatto Sabrina aveva di fronte una donna nuova, che dall’aspetto si sarebbe detta sessantenne, e non riusciva a proferire parola.
Che cosa era successo?
Quale prodigio mai si era compiuto in quell’appartamento essenziale e antico, in quella sera d’inverno?
Mescolare in senso inverso aveva forse invertito il corso del tempo?
E’ difficile da credere, difficile dare una spiegazione sensata.
Sabrina smise di farsi domande e pianse di gioia finalmente; abbracciò una nonna vigorosa e forte e vissero per tanti anni unite e felici.

1 commento: