lunedì 12 marzo 2012

Dammi la mano



Bambino mio, mi chiedi la mano per non scivolare da solo nell’oscurità per te spaventosa del sonno.
Resto con te nel buio della tua stanzetta e mi allontano in punta di piedi appena il tuo respiro si fa regolare.

Vecchia nonna, mi chiedi la mano dal tuo giaciglio di dolore, per non rimanere sola nell’ora precaria della malattia.
Resto con te in questa pesante penombra, assecondo il tuo flusso di pensieri e non oso allontanarmi, nel timore che il tuo respiro non rimanga regolare.

Vi siete incontrati con le vostre antitetiche similitudini e non vi siete più lasciati la mano.
Tu nonna, emozionata dall’esplosione di vita contenuta in quel fresco contatto.
Tu bimbo, rapito dalla curiosità per due occhi socchiusi e velati dall’affanno.

Seduti vicini su questo letto disordinato prendete l’uno dall’altra, saziando reciprocamente la vostra sete, senza fretta di separarvi.
Siete l’unione di due mondi lontani, accomunati dal medesimo sentimento: la paura, il terrore così umano di restare soli.

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