venerdì 13 aprile 2012

Sacco di immondizia

Son bloccata a letto da giorni, sono stata male, molto male.
Devo dire che me la sono cavata, anche se potrei trovarne di cose per cui lamentarmi. Ma diventerei noiosa, e preferisco sorridere a chi mi chiede come stia, fare un cenno di assenso; tanto non mi costa nulla.
Dire che sto bene proprio non mi riesce, ma far sì con la testa è più facile, mi sento meno bugiarda.


Ieri è venuta la parrucchiera e mi ha sistemato la piega. Non mi sentivo a posto. Avevo i capelli nerissimi che raccoglievo in trecce sulla nuca, ma per comodità li ho tagliati corti. Non sono più così belli, ma mi piace non pensarci e ricordare come erano prima.
Gli occhi però sono ancora quelli, così neri da non distinguere la pupilla. Mio marito è sempre impazzito per i miei occhi... e a dire la verità non solo lui!
Ma non prendetemi per una civettuola, a me non è mai interessato altri che lui.


Guardo la sua foto sull'armadio, mi sorride da lontano e ho l'impressione di averlo vicino.
Devo pensarci un istante per rendermi conto che non c'è più, che non entrerà con dei fiori da quella porta. Mi ha sempre viziata, lo ammetto, e mi manca molto.
Eravamo così belli insieme. Adorava quando mi scioglievo le trecce e mettevo la crema sul viso, diceva che sembravo una bambola di porcellana perfetta.
Certo che ne è passato di tempo, anche se non mi sembra.
Mi sento ancora la sua bambola di porcellana, e vorrei pettinarmi di nuovo come facevo per lui.
Ma faccio così fatica a muovere questo braccio.


Un colpo di tosse: è la ragazza che viene ad aiutarmi ad alzarmi. Dicono sia la mia badante, come quei vecchietti non autosufficienti che hanno bisogno di essere aiutati in tutto.
Io sono autonoma, riesco a fare tutto da sola, ma non mi dispiace che qualcuno mi aiuti nelle incombenze quotidiane. Soprattutto ora che sono stata così male.
Magari quando guarirò la manderò via... vedremo.


Si avvicina con un braccio meccanico e mi aggancia con dei moschettoni a dei tiranti.
Il braccio di acciaio mi solleva come su un'amaca, e cullandomi mi sposta verso la sedia a rotelle. Mi giro un istante, un'ombra mi distrae.
E' una vecchia signora quella che appare sull'armadio, quell'ombra che mi ha chiamata a voltarmi. Un ammasso di ossa avvolte in un bozzolo oscillante, un volto scarno contornato di bianchi capelli spettinati, una bocca scavata con qualche dente mancante.
Non la riconosco, mi fa stringere il cuore.
Chi è quella vecchia signora ridotta così male?
E poi d'un tratto ricordo, un armadio a specchio...


Sono sempre io, racchiusa in questo corpo che non mi appartiene più.
Sono ancora io, anche se faccio fatica a rendermene conto.
Sono io.
Un sacco di immondizia.




("Un sacco di immondizia" è come si è definita più volte mia nonna, l'ultima volta che l'ho vista)

3 commenti:

  1. ...ho le lacrime agli occhi....grazie!

    RispondiElimina
  2. Grazie a te per essere passata qui Debora!
    Rachele

    RispondiElimina
  3. Mi sono commossa Rachele. Grazie per questo punto di vista insolito e così toccante. Ci penso spesso anche io in questi giorni a cosa si possa provare a ritrovarsi in un corpo che non riconosci. Credo che sia una fonte di grande sofferenza...

    RispondiElimina