mercoledì 4 aprile 2012

Il ghigno beffardo

Il ragazzo ha un sorriso beffardo, quasi un ghigno che gli rimane stampato in faccia anche se non vuole. E' così da sempre, ha quel difetto alle labbra che lo rende diverso.
La gente non fa nemmeno troppi convenevoli, e guardandolo chiede schietta perché abbia la bocca così, senza mostrare eccessiva sensibilità verso di lui. Parlano come se lui non potesse udirli.


Non ne soffriva, prima. Pensava che ognuno avesse un suo segno distintivo che lo rendeva speciale, e sapeva che il suo sorriso particolare lo distingueva dagli altri. Ma col tempo ha iniziato ad accorgersi che essere diversi non sempre è una cosa positiva, che se non ti uniformi al resto del mondo la vita può essere molto più dura di quanto credi.
E così quel ghigno forzato è diventato triste, i suoi occhi sono leggermente colati all'ingiù e la maschera che ne risulta a guardarlo è un grottesco scherzo della natura.


La sua vita trascorre lenta in campagna, ha un limpido ruscello accanto alla fattoria in cui vive.
Ma ultimamente non riesce a spiegarsi certi strani fenomeni: ovunque lui si giri c'è un cespuglio sempre davanti a lui. Sembra appiccicato addosso, tanto gli è vicino.
Nonostante i continui sforzi per liberarsene, non appena il ragazzo si distrae il cespuglio cresce, si allunga inspiegabilmente e torna ad invadere il suo spazio vitale.
A nulla vale sradicarlo, inutile strapparne le foglie.


Frustrazione, sgomento, paura. Come può succedere tutto questo?
Il mondo sembra ribaltato, e le cose accadono in modo così strano da fargli pensare di essere impazzito. 
E una mattina, quando si sveglia, il cespuglio non c'è più.
Al suo posto un albero secolare, dal tronco sofferente e nodoso, le fronde cariche e fitte, e incombe su di lui ben più minaccioso del cespuglio.
Il ragazzo prova a spostarsi, ma si accorge che i suoi piedi sono ancorati al suolo, come tutto il resto del suo corpo è ancorato al cielo, d'altronde. Non riesce a muovere un passo e l'ansia lo assale, il ghigno si allarga in un terrificante urlo, silenzioso e agghiacciante.


"Hai fatto bene a mettere quell'albero al posto del ragazzino, ti era venuto proprio male", esclama una giovane donna abbracciando alle spalle il compagno.
Il pittore si distanzia dal quadro e lo osservano insieme abbracciati, quel paesaggio è davvero bello: un ruscello limpido con una fattoria sullo sfondo, nuvole minacciose sulla destra, e un ulivo secolare in primo piano, contorto, sofferente, a coprire un ragazzo venuto male.


"Ma come mai quella macchia rossa fra le foglie?"
"Non so, devono essere questi colori di qualità scadente... più provo a coprire il ragazzo e più mi torna fuori... cambierò marca"
Dietro all'ulivo, uno strappo sulla tela, impercettibile.
Il ragazzo è riuscito a divincolarsi dall'abbraccio soffocante della vernice ed è salito più in alto che ha potuto, fra le foglie fitte.
Finalmente si respira, e come cullato in un nido accogliente si addormenta sereno, il respiro rallenta, il ghigno si schiude.


Nessun commento:

Posta un commento